Nella seconda metà del secolo scorso e in quello appena iniziato si sono registrate una serie di anomalie nei parametri meteo-climatici. In generale dal 1976 il trend di riscaldamento del pianeta è stato approssimativamente tre volte maggiore di quello registrato nei cento anni precedenti (WMO, Statement on the Status of the Global Climate in 2002), e in particolare dal 1987 in poi sono stati registrati i valori più elevati di temperatura dall’inizio delle misurazioni meteorologiche.
La causa di questo riscaldamento è imputabile al greenhouse effect o effetto serra (Spencer, 2008. The Discovery of Global Warming, Harvard Un. Press), fenomeno notevolmente incrementato dalle emissioni di gas definiti “serra” (CO2, CH4, ecc.) principalmente derivanti dall’utilizzo di combustibili fossili e da cambiamenti nell’uso del suolo.
Sottobosco invaso da laurofille: la palma Trachycarpus fortunei
cresce assieme ad Allium ursinum (Avigno, Varese, 8.80-45.84; aprile 2007). |
Il riscaldamento globale è stato considerato responsabile di importanti modificazioni ambientali, come nel processo di “laurofillizzazione” dei boschi di latifoglie decidue ad opera di specie sempreverdi termicamente esigenti, descritto per la Svizzera (Walther, 2000. Laurophyllisation in Switzerland, PhD dissertation, Swiss Federal Institute of Technology) e più in generale per il territorio Insubrico tra il Verbano e il Garda (Berger & Walther, 2006. Botanica Helvetica, 116).
In provincia di Varese (Lombardia nord-occidentale) il processo di laurofillizzazione è soprattutto diffuso nella parte centro-nord, dove è stato riscontrato in modo generalizzato, ovvero ai danni di comunità forestali termofile (Quercetalia pubescentis), mesofile (Fagetalia sylvaticae, in particolare Carpinion betuli) e acidofile (Quercetalia roboris). La composizione floristica delle formazioni forestali in esame sembra però essere stata già fortemente alterata in passato, come dimostra la ricorrente presenza di Robinia pseudoacacia nello strato arboreo dominante. In altre parole, l’invasione della laurofille si configurerebbe come un secondo ciclo di degrado.
Il processo di laurofillizzazione dei boschi di latifoglie della provincia di Varese sembra arrestarsi a quote maggiori di 527 m s.l.m. oppure a distanze dagli abitati superiori ai 182 m. Sulla base di un modello che descrive il processo in atto, è stato stimato che circa il 10% dei boschi attualmente esistenti nella provincia è potenzialmente minacciato dal processo di laurofillizzazione con pesanti ripercussioni sul territorio sotto il profilo naturalistico, ecologico e paesaggistico. La laurofillizzazione infatti non comporta la sola sostituzione di specie autoctone con specie esotiche, ma anche il passaggio dal bioma delle foreste di latifoglie decidue a quello delle foreste di laurofille (oggi scarsamente presente sull’intero territorio italiano) con presumibili profonde modificazioni, ad esempio, dei cicli biogeochimici, dei processi pedogenetici e della disponibilità di habitat per organismi ad ogni livello della scala evolutiva. Ad esempio, in inverno il LAI (Leaf Area Index) è statisticamente maggiore (t-test, p=0.004) nei boschi con laurofille rispetto a quelli adiacenti privi di laurofille, con conseguente riduzione della copertura vegetale nel sottobosco.
Occorre sottolineare come la distanza dagli abitati sia risultato il fattore di maggior peso relativo nel descrivere il processo di laurofillizzazione. Si tratta di un fattore complesso, che da una parte racchiude la distanza dai centri dispersione dei propaguli (giardini, parchi ecc.), ovvero dai centri di foraging dell’avifauna principale responsabile della diffusione di quasi tutte le specie di laurofille, e dall’altra è funzione inversa del grado di disturbo arrecato alla componente forestale.
Tuttavia i fattori antropici diretti appaiono dello stesso ordine di grandezza dei cambiamenti climatici nel determinare il processo di laurofillizzazione nel territorio insubrico. Questo può essere evidenziato anche dal fatto che l’aumento della densità di popolazione sul territorio della provincia di Varese o del Cantone Ticino, oppure la crescita del PIL pro capite in Italia e in Svizzera, sono largamente sovrapponibili alla diminuzione del numero medio di giorni con gelate riscontrato nel territorio svizzero, fattore quest’ultimo invocato per spiegare l’incremento di specie esotiche ivi riscontrato (Walther, 2000. Phytocoenologia, 30).
Tale cambiamento non sarebbe però possibile se prima non si verificassero condizioni predisponenti, come:
- una pesante aggressione del territorio che implica cambiamenti nell’uso del suolo, con erosione e frammentazione di habitat naturali, in particolare nelle province più densamente popolate;
- un’inerzia della produzione e del mercato floro-vivaistico che mette a disposizione un ampio pool di piante esotiche introdotte a scopo prevalentemente ornamentale, continuamente alimentato dall’introduzione di nuove specie;
- il completo abbandono delle attività agricole tradizionali per ampi tratti di territorio non più gestiti a partire dagli anni Cinquanta;
- la non corretta gestione selvicolturale delle aree boscate marginali e/o di neoformazione (cure colturali spesso mancanti)
In definitiva gli stili di vita attuali sono largamente responsabili delle trasformazioni ecosistemiche in atto, almeno tanto quanto il cambiamento climatico stesso.