giovedì 7 marzo 2013

Bambù

In generale le popolazioni di bambù (famiglia Poaceae, tribù Bambuseae) presenti in ambienti naturali derivano da introduzioni volontarie da parte dell’uomo per differenti ragioni, come ad esempio la formazione di barriere verdi, l’utilizzo dei culmi tagliati alla base come pali tutori oppure per semplice scopo ornamentale. Più di rado le popolazioni derivano dall’abbandono di materiale vegetale, in particolare per le specie più piccole.

La riproduzione di tutte le specie è per via vegetativa, tramite i rizomi che progressivamente acquisiscono nuovi spazi e formano gruppi più o meno fitti di culmi. Spesso si osserva che le popolazioni in ambienti naturali provengono direttamente da piante coltivate nei giardini che nel corso degli anni hanno oltrepassato le recinzioni e hanno costituito popolazioni assai più consistenti di quelle originariamente “coltivate”.
In ambiente naturali le popolazioni della maggior parte delle specie possono definirsi come naturalizzate, in quanto persistono per decenni. Se dovessimo considerare la definizione di Pysek et al. (2004. Taxon 53), potremmo anche indicarle come invasive in quanto con gli anni invadono l’ambiente circostante. La riproduzione vegetativa appare comunque troppo lenta, soprattutto se confrontata con quello di altre specie a maggior velocità di dispersione e quindi palesemente invasive (ad esempio Fallopia multiflora, Hedera hibernica e Lamiumargentatum”, tra quelle presenti in Insubria e con una riproduzione vegetativa prevalente). Rimane tuttavia consistente l’impatto delle popolazioni di bambù in relazione a:
  • biodiversità: formano nuclei monospecifici che escludono la crescita di qualsiasi altra pianta;
  • paesaggio: altera profondamente l’aspetto del paesaggio naturale;
  • salute animali: sono riportati effetti tossici sul bestiame domestico a seguito dell’ingestione di grandi quantità di foglie.
La coltivazione dei bambù non dovrebbe avvenire in ambienti naturali e seminaturali, ma soltanto in situazioni antropizzate, dove è possibile o comunque più facile un loro controllo. Non tutte le specie sono comunque facilmente gestibili e richiedono continui interventi volti a contenerne il costante ed esuberante allargamento delle colonie. Occorre quindi valutare bene quale specie si sta per piantare e lo spazio che necessità e che gli si vuole concedere.
Di seguito sono illustrate le principali specie di bambù che si rinvengono negli ambienti naturali (es. boschi) e seminaturali (es. prati). Non verranno mostrate le specie che “sfuggono” e si allontano soltanto per pochi metri dai luoghi antropizzati (es. giardini) dove sono coltivate.
 
Phyllostachys aurea Carrière ex Rivière & C.Rivière
E’ la specie di bambù che più di frequente si osserva. Ad esempio, nel Parco Regionale di Montevecchia (LC) circa i tre quarti delle popolazioni spontaneizzate di bambù appartengono a questa specie. Le popolazioni di P. aurea sono costituite da dense colonie di fusti, anche se spesso si presentano in gruppi lassi. Si riconosce facilmente dalle altre specie per la base dei fusti che spesso presentano caratteristici rigonfiamenti degli internodi e per i nodi posti obliquamente.

Phyllostachys aurea
Phyllostachys aurea Phyllostachys aurea
Casciago (VA), 8.78-45.84; marzo 2011.


Phyllostachys viridiglaucescens (Carrière) Rivière & C.Rivière
Più rara della precedente congenere, ma assai più robusta. Forma generalmente estese e impenetrabili colonie, assai difficili da contenere. Una caratteristica morfologica distintiva di questa specie rispetto ad alcune congeneri con aspetto simile è il tipico ingrossamento dell’anello nodale.
Phyllostachys viridiglaucescens Phyllostachys viridiglaucescens Phyllostachys viridiglaucescens
Calcinate del Pesce, Varese (VA), 8.76-45.82; marzo 2011.
 

Pleioblastus pygmaeus (Miq.) Nakai
Piccolo bambù, osservato allo stato spontaneo in un boschetto ripariale nel Parco Regionale di Montevecchia (LC). Le piante non arrivano, infatti, a mezzo metro di altezza e nel complesso formano lasse colonie piuttosto curiose nell’aspetto atipico per un bambù; presentano inoltre lamine fogliari pubescenti nella pagina inferiore. La determinazione di questa specie è avvenuta grazie all’esimio botanico Enrico Banfi.
Pleioblastus pygmaeus Pleioblastus pygmaeus
Pleioblastus pygmaeus
Quattro Strade, Montevecchia (LC), 9.38-45.69; ottobre 2011.
 

Pleioblastus viridi-striatus (André) Makino
Interessante specie ornamentale, che si caratterizza per le foglie striate di colore verde e di giallo-verdastro. E’ stata osservata in tre nuclei nel Parco Regionale Campo dei Fiori (VA), che complessivamente occupano parecchie decine di metri quadrati, avanzando progressivamente nel sottobosco. Data la confusione tassonomica tra le diverse specie e cultivar del genere Pleioblastus, Enrico Banfi propende che possa in realtà trattarsi di P. variegatus (Siebold ex Miq.) Makino; un campione di questa specie è conservato in MSNM.

Pleioblastus viridi-striatus
Pleioblastus viridi-striatus Pleioblastus viridi-striatus
Luvinate (VA), 8.77-45.84; marzo e novembre (ultima foto) 2011. 
 


Pseudosasa japonica (Siebold & Zucc. ex Steud.) Makino ex Nakai
Specie non comune, anche se localmente può risultare piuttosto frequente. Ad esempio, nella città di Varese è forse la specie più coltivata e spesso si rinviene con popolazioni spontaneizzate. Forma colonie piuttosto dense di fusti, che però essendo piuttosto gracili vengono piegati facilmente dalla neve. Si riconosce facilmente per il fusto cilindrico in sezione, le guaine fogliari persistenti e le lamine fogliari glabre.

Pseudosasa japonica
Pseudosasa japonica Pseudosasa japonica
Avigno, Varese, 8.80-45.84; febbraio 2012 (prima foto) e marzo 2011.