domenica 27 dicembre 2015

Primula valcuvianensis


Questo taxon è stato inizialmente descritto da Jeßen & Lehmann (2005, Sammelblätter Gebirgspflanzen, 3.22.01.2) come P. hirsuta subsp. valcuvianensis.

Il locus classicus è il Monte Nudo, in provincia di Varese, dove cresce sulle rupi dolomitiche (Potentillion caulescentis). Altri siti sono conosciuti per il massiccio montuoso a cui appartiene il Monte Nudo e per il massiccio del Campo dei Fiori, dove cresce alla quota più alta (ca. 1220 m s.l.m.); la quota più bassa, ca. 500 m s.l.m., è sulle rupi dolomitiche del Monte San Clemente.

Primula hirsuta Primula hirsuta
Piante di P. valcuvianensis nel locus classicus (Monte Nudo, VA; 8.67-45.92; aprile 2005) 
 
Secondo Jeßen & Lehmann (op.cit.), la subsp. valcuvianensis differisce dalla P. hirsuta s.s., presente unicamente su rocce silicee, per le foglie grigio-verdastre (rossastre nella sottospecie tipica): questa colorazione è conferita dagli abbondanti peli ghiandolari biancastri, che ricoprono anche fiori, scapi fiorali e calice. Sul margine fogliare i peli ghiandolari sono lunghi (35-)45-60(-70) μm, ovvero circa il doppio di quelli presenti in P. hirsuta s.s. che sono invece di (8-)10-35(-40) μm. Anche la densità di peli sul margine fogliare è differente: (12-)15-20(-25) per mm nella subsp. valcuvianensis, (5-)7-12(-15) per mm in P. hirsuta s.s.
Rispetto a P. grignensis, altra entità basifila nell’orbita di P. hirsuta (Moser, 1998, Candollea, 53), Jeßen & Lehmann (op.cit.) riportano sostanzialmente gli stessi caratteri riportati per P. hirsuta s.s., ovvero la colorazione bruno-rosso-giallastra e i peli ghiandolari più corti. Moser (op.cit.) riporta più precisamente che in P. grignensis i peli ghiandolari sono lunghi sino a 0.3 mm (NB: quindi in realtà più lunghi di quanto indicato da Jeßen & Lehmann, op.cit.) e che comunque le foglie presentano peli ghiandolari biancastri (“Drüsenhaaren weisslichen”), con le sole ghiandole che presenterebbero la colorazione bruno-rosso-giallastra (“Drüsen braunrotgelb”). Interessante è rilevare che sia Jeßen & Lehmann (op.cit.) che Moser (op.cit.) riportano che i denti del calice sono appressati (“anliegend”), almeno inizialmente nella subsp. valcuvianensis, mentre sarebbero patenti (“abstehend”) in P. hirsuta s.s.; inoltre, i denti sono di forma ovale-ellittica e con apice più o meno ottuso-arrotondato, mentre in P. hirsuta s.s. sono triangolari e appuntiti. Morfologicamente appare quindi una forte affinità tra la subsp. valcuvianensis e P. grignensis.


Primula hirsuta
Primula hirsuta
Piante di P. valcuvianensis sul Monte Campo dei Fiori (8.76-45.87; maggio 2013) 

Le specie della sect. Auricula subsect. Euauricula del genere Primula, a cui appartengono i summenzionati tre taxa, sono stato oggetto di analisi filogenetiche con l’utilizzo di marcatori biomolecolari.
Zhang & Kadereit (2004, Bot.J.Linn.Soc., 146) hanno evidenziato come P. grignensis ha la medesima sequenza ITS di una popolazione di P. hirsuta s.s. nei Pirenei. Secondo Zhang & Kadereit (2005, Taxon, 54) P. grignensis è quindi da ricondurre in sinonimia a P. hirsuta s.s.
Crema & Cristofolini (2013, Ann.Mus.civ.Rovereto, 28) hanno compiuto uno studio filogenetico con l’impiego di marcatori nucleari AFLP, analizzando più popolazioni ma esclusivamente provenienti dalle Alpi. Gli Autori hanno evidenziato che i taxa basifili sono separati filogeneticamente da P. hirsuta s.s. Essendo inoltre le popolazioni dei due taxa basifili tra loro separate, la subsp. valcuvianensis è stata elevata al rango di specie.
Mediante l’impiego di marcatori nucleari AFLP in Schorr et al. (2012, Ecology and Evolution, 2), P. grignensis e P. valcuvianensis sono state considerate due distinte popolazioni relitte di P. hirsuta s.l., presenti in stazioni prealpine di rifugio durante le glaciazioni. Mentre le popolazioni di P. hirsuta s.s. che crescevano su rocce silicee nelle stesse aree di rifugio prealpine hanno ricolonizzato le Alpi interne dopo la ritirata dei ghiacciai, le popolazioni dei taxa basifili sono rimaste isolate tra loro e da P. hirsuta s.s.

In conclusione, appare esserci parecchia confusione su P. valcuvianensis (e anche su P. grignensis). Come già indicato nel passato (si veda: Picco, 1999 Pagine Botaniche, 24), la maggior parte degli studi appare superficiale, in particolare quelli tassonomici, se non addirittura inesatti. Ad esempio, Jeßen & Lehmann (op.cit.) riportano dimensioni dei peli ghiandolari che non rientrano affatto in quelle usuali della specie, essendo molto più piccole di quello che realmente sono (si veda per un confronto anche Prosser & Scortegagna, 1998, Willdenowia, 28). Inoltre, la colorazione dei peli ghiandolari è più o meno biancastra in natura, ma questa dipende probabilmente dalla quantità di luce che le piante ricevono, divenendo nettamente rossastra nelle piante in coltivazione. Come si evidenzia dalle immagini seguenti, i caratteri riportati da Jeßen & Lehmann (op.cit.) appaiono oltremodo incospicui, non rilevando differenze sostanziali. Inoltre, P. valcuvianensis è realmente distinta sul piano morfologico da P. grignesis? non si direbbe, stando a un’analisi comparata tra gli studi di Jeßen & Lehmann (op.cit.) e Moser (op.cit.), prescindendo ovviamente dalle imprecisioni e dalla stringatezza delle descrizioni di questi Autori.

Primula hirsuta Primula hirsuta
Primula hirsuta Primula valcuvianensis
Peli ghiandolari sul margine di foglie completamente distese, in piante coltivate all’ombra: a sinistra, P. hirsuta s.s. (provienza: Monte Paglione, Valle Veddasca, VA; 8.80-46.09); a destra, P. valcuvianensis (provenienza: Monte Campo dei Fiori, VA; 8.76-45.87).  

Anche gli studi biomolecolari appaiono incompleti, ad esempio nel numero di popolazioni campionate rispetto all’areale conosciuto: quali risultati scaturirebbero da uno studio in cui si utilizzassero marcatori nucleari AFLP contemplando anche popolazioni extra-alpine di P. hirsuta s.s.? Se fossero confermati i risultati di Zhang & Kadereit (op.cit.) verrebbe a cadere lo stato di specie, altrimenti si avrebbe una incongruenza tra sistematica e filogenesi, sempre che si trovino dei caratteri “non-molecolari” a distinzione tra i due taxa basifili e P. hirsuta s.s.
Quello che sembra certo è che la biodiversità non può essere meramente circoscritta all’apparente diversità morfologica, come spesso ci si affanna sommariamente a descrivere nei “contenitori” (es. specie o sottospecie) che l’uomo si è prefissato. Di conseguenza, a prescindere dal loro stato tassonomico, le popolazioni basifile meritano sicuramente una piena considerazione e un livello di protezione maggiore…