Descrizione:
- liana perenne decidua (o semidecidua in posizioni riparate); fusti raggiungenti un’altezza di 6 m e oltre
- foglie opposte, con lamina subcoriacea di colore verde più o meno scuro, margine intero (salvo nelle foglie dei giovani getti, il cui margine può essere lobato)
- fiori ermafroditi, zigomorfi, fortemente profumati, appaiati all'ascella di 2 foglie ridotte, libere alla base; corolla bianca o talvolta leggermente rosata, virante al giallo crema dopo l'impollinazione
- frutto costituito da una bacca sferica, nera e lucida
- il Caprifoglio autoctono, L. caprifolium, si distingue per il minor vigore della pianta (raramente raggiunge un paio di metri di altezza) e soprattutto per la lamina fogliare di colore verde-glauco e i fiori rosati portati all'ascella di due foglie fuse tra loro
- biodiversità: influenza negativamente la rinnovazione naturale nel bosco
- biodiversità: forma tappeti di fusti e foglie che impediscono la crescita di numerose specie erbacee e di Lonicera caprifolium, specie autoctona in rarefazione
- ecosistemi: copre completamente il suolo, alterandone i processi biogeochimici
- paesaggio: costituisce coperture “innaturali”, anche su manufatti, arbusti e piccoli alberi
- ornamentale: impiegata come liana tappezzante, diffusamente apprezzata per le profumate fioriture appariscenti
- erosione: impiegata come tappezzate per la stabilizzazione di scarpate (in disuso)
- commercio: viene comunemente venduta
- giardini: largamente impiegata come tappezzante di recinzioni, muri perimetrali, ecc.
- popolazioni spontanee: sia nei pressi degli abitati, sia in ambienti naturali (in particolare al margine di boschi degradati) anche lontano da possibili sorgenti coltivate
- animali: i frutti sono appetiti soprattutto dagli uccelli
- per via vegetativa: i lunghi fusti possono raggiungere parecchie decine di metri dai siti dove è stata impianta
- uomo: resti delle operazioni di potatura sono abbandonati volontariamente
- applicare rigorosamente la normativa regionale sugli ambienti naturali (LR 10/2008)
- evitarne in modo assoluto la coltivazione, perché la pianta richiede periodici interventi per il suo contenimento
- viene confusa spesso con il Caprifoglio autoctono (L. caprifolium) e quindi venduto e piantato per questa specie
- il materiale vegetale tagliato deve essere distrutto (è spesso la principale forma di dispersione negli ambienti antropizzati o nelle immediate vicinanze)
il rimedio più sicuro è evitare di piantarle o intervenire il più rapidamente possibile sulle popolazioni, applicando contemporaneamente più metodi
- Fisici:
- tagli ripetuti, all'incirca ogni 2-3 settimane per tutta la stagione vegetativa, per consumare le riserve nelle radici
- il taglio è l’unica soluzione nel contenimento dei fusti che crescono abbarbicati ad altre piante
- l’estirpazione, anche con mezzi meccanici (frese, erpici, ecc.), può portare a buoni risultati su ampi appezzamenti di scarso valore naturalistico (es. roveti e arbusteti colonizzanti terreni agricoli)
- Chimici:
- trattamento con glifosato e triclopir sull'apparato fogliare (eventualmente durante l’autunno-inverno, minimizzando così il rischio di contaminazione di altre piante: tuttavia il diserbo è più
- efficace su piante in attività vegetativa)
- Gestionali:
- il pascolamento (caprino) può contribuire al suo controllo
- tollera poco l’ombreggiamento, per cui l’impianto di specie legnose ombreggianti è consigliato, soprattutto a seguito degli interventi mirati ad una riduzione della consistenza delle popolazioni